back home. mangiato. ora di scrivere.
dunque: ero andato per parlare della mia situazione dentaria, ipotizzando anche l’eventualità di impianti. che sarebbe auspicabile, ma purtroppo costosa. mi ha quindi mandato dal suo impiantologo di fiducia dove andrò martedì prossimo (Primavalle). lui valuterà poi le rispettive fattibilità. farà il suo preventivo, il suo piano e via dicendo.
tuttavia, mi sento bene dopo questo viaggio a Roma dove non sono stato da tantissimo tempo. credo che l’ultima volta è stata quando c’era quel lavoro che ho avuto tramite Antonella. e noi ci siamo incontrati a pranzare giù sotto casa tua. no, sbaglio, c’era un’altra volta. ma là ci siamo solo sentiti per telefono e ti avevo addirittura svegliato.
in treno leggevo Savinio “Achille innamorato”. piccoli pezzi raccolti di prosa che parlano anche molto della prima guerra mondiale. situazioni vissute nei Balcani, lui nato in Grecia. descrizione di un incontro con Apollinaire. la vita affabulata.
Una folla in tumulto, e in cui la razza bianca si mischiava a quella di colore, assediava la casa. Picchiavano la porta col calcio dei fucili. Una finestra, su, era aperta.
“Eh là! Dis-donc, la gonzesse!”.
“Pu-sse, morì?”.
“Kde jè turkinka?”.
“Ni òcemo gena!”.
Un caporale dei Batt’d’Aff’ scantonò in un vicolo vicino, tornò con una scala.
La folla tacque.
Il coloniale si affacciò alla finestra:
“Y-a pas! Fichue!”.
Un urlo gli rispose. Quello di lassù sbandierò un cencio – camicia? mutanda? – e lo scagliò agli affamati.
c’era rimasta in quella cittadina balcanica una sola donna: una turca.
bo’, passo alla lingua crucca, vediamo se riesco a combinare un pezzo di diario. forse sì, forse no. ci provo. ad affabulare la mia. di momenti transitori di vita-vitesse.
Wie man sich so schreibt (auch ohne in die ‚lingua crucca’ zu verfallen), selbst wenn’s gar nicht fürs Tagebuch gedacht war, sondern schon bei der Empfängerin ist, die mich dann aber doch nicht treffen konnte im „brusio“ des Bahnhofs Termini. Es bekam plötzlich diesen Hauch.